Mediazione Familiare in carcere
La mediazione familiare in carcere, può essere considerata una possibilità, uno “strumento” che permette all’intero nucleo familiare di gestire e vivere al meglio i nuovi equilibri che si sono generati dopo la detenzione.
A livello metodologico, è importante sottolineare che la mediazione in ambito penale si distacca notevolmente dalla classica mediazione familiare.
- Il setting: il primo incontro è svolto separatamente da un operatore in carcere, con il membro della coppia detenuto e da un operatore in studio con il membro della coppia rimasto in seno alla famiglia, siano essi marito e moglie, genitore e figlio, fratello o sorella o qualsiasi altra coppia richieda l’intervento. Il secondo momento è di équipe tra gli operatori. Il terzo passaggio è di costruzione del setting vero e proprio; dipende da dove si svolgerà l’incontro, se in carcere perché il detenuto non può usufruire di permessi oppure all’esterno se il detenuto può essere condotto all’esterno. Può succedere che il setting non sia comune e che l’operatore debba recarsi da un carcere all’altro.
- Lo scopo: separazione della coppia in funzione del benessere dei figli e la frequentazione dei figli con il genitore detenuto. Spesso i minori sono affidati ai servizi sociali del territorio e quindi nel processo di mediazione si inseriscono: l’assistente sociale e l’educatore del carcere e/o della comunità che accoglie i minori.
- Il frutto del lavoro: spesso la finalità non è quella della separazione bensì quella della rivalutazione di nuove regole di convivenza. Per questo il documento redatto non ha valore legale, ma ha la funzione di atto morale con cui i membri della famiglia s’impegnano a modificare il loro stile di vita in funzione di un equilibrio relazionale volto a migliorare la loro esistenza.
- I tempi: sono più lunghi, in quanto bisogna rispettare i ritmi del carcere e bisogna accordarsi con il membro della famiglia all’esterno del carcere. Più complessa è se a gestire il tutto sono i servizi affidatari con i loro tempi e disponibilità organizzative (1).
Malgrado le differenze sottolineate, le tecniche di mediazione rimangono le stesse, quindi la preparazione professionale che può dare una scuola di mediazione classica vale anche per l’esperienza che si acquisisce in seguito “frequentando” il carcere.
La prima parte della mediazione in carcere, è vissuta in larga parte sulla narrazione della propria storia e sulla riflessione dei propri errori che hanno creato una parentesi di vita tra le sbarre.
Spesso i tempi dedicati alla coppia, non sono uguali per entrambi, proprio per il bisogno “affettivo” di essere ascoltato.
Un intervento sulla famiglia, può essere uno dei metodi efficaci nella prevenzione della recidiva. Secondo alcuni studi, un recluso che ha conservato i legami familiari rischia in percentuale tre volte meno la recidiva rispetto ad un recluso i cui legami familiari sono stati spezzati (2)
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1 L.Villa - Legami oltre le sbarre, ITL srl 2019
2 L.Villa - Legami oltre le sbarre, ITL srl 2019